l'origine del "cibo degli dei" - LA NICCHIA DEI SAPORI

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l'origine del "cibo degli dei"

 DAGLI DEI AZTECHI ALLE TAVOLE DELL'EUROPA
Una leggenda azteca narra che il dio Quetzalcoatl, amando profondamente l'essere umano, volle donargli un albero 'miracoloso' dai cui semi trarre il nettare degli dei capace di infondere forza e ricchezza. Questo nettare portentoso si chiamava xocolatl.
Dopo aver elargito il dono, il  dio Quetzalcoatl annuncciò di voler lasciare la terra con tutta la sua corte, promttendo però che un giorno sarebbe ritornato tra gli uomini ed in quel giorno l'avrebbero riconosciuto poiche, insieme alla sua corte, sarebbe giunto dal mare. 
Ancor oggi la pianta del cacao (nome azteco cachua-quaitl) ha il nome che nel '600 il naturalista C. Linneo gli pose: THEOBROMA CACAO, ovvero cibo degli dei.
Lo stesso Cristoforo Colombo, nel lontano 1502, gettando l'ancora della Santa Maria sulle coste dell'Isola Guanaja (Honduras), venne accolto da una delegazione indigena che scortava un 'capo', il quale gli portava in dono una bevanda sconosciuta, amara e speziata, come fosse il più alto tesoro che mai uomo avesse potuto offrire ad altro uomo. Da uomo a uomo, da capo a capo, Colombo ricevette dalle mani di quello che avrebbe dovuto essere una delle massime autorità locali, il cioccolato. Il fatto che la leggenda narrasse del ritorno del dio dal mare probabilmente fu legato dagli aztechi all'arrivo della flotta di Colombo proprio dal mare riconoscendo all'evento il carattere di straordinarietà. E non fu forse un caso che venne offerto proprio il cioccolato, prima di qualsiasi altro dono, a dimostrazione da parte degli indigeni, di aver mantenuto ed usato per tutto quel tempo il dono ricevuto da  Quetzalcoatl.

Da lì il viaggio del Theobroma Cacao fu lungo, tanto da arrivere in Europa dal Nuovo Mondo. Insieme ai semi e alla pianta, venne esportata anche la ricetta per assumere il cioccolato così come lo assumevano gli aztechi, ossia sotto forma di bevanda prodotta dall'infusione dei semi del cacao tostati e macinati, con aggiunta di pepe, peperoncino, cannella, semi di melone, solandra, miele, vaniglia, purea di granturco. Ma nelle corti europee quella bevanda amara e speziata non incontrava il gusto dei nobili, ossia gli unici a potersi permettere un cibo che allora aveva lo stesso valore dell'oro. Così eliminarono tutti gli aromi e lasciarono solo quello di vaniglia al quale aggiunsero lo zucchero o, a volte, l'anice.
Da allora il cioccolato si diffonde a macchia d'olio e le colonie del Nuovo Mondo sembrano non bastare più per l'approvvigionamento di cacao in base alla richiesta europea. Si 'aprono' nuovi centri di produzione nei paesi tropicali. Così oltre che le piantagioni in Messico, Cuba, Venezuela, Giamaica, Santo Domingo, ne vengono introdotte altre in Martinica, Brasile, Giava, Sumatra, Filippine, Indonesia, Malesia, Nuova Guinea e Samoa, Costa d'Avorio, Sao Tomé, Gana, Nigeria, Cameroun e persino in Sri Lanka.

E da questi lunghissimi itinerari, oltre che nelle più ricche corti europee, chi l'avrebbe detto che il cioccolato arrivasse persino nelle abbazie e nei monasteri? Si si...avete capito bene, monaci e frati assumevano regolarmente la bevanda del cioccolato per recuperare le energie e assopire i morsi della fame durante i lunghissimi periodi di digiuno ai quali erano continuamente sottoposti...e da qui il dilemma della Chiesa, se proibire oppure no questa 'bevanda' (e si parla di bevanda e non di cibo) durante i periodi di quaresima e astinenza dal cibo. Soluzione presto trovata: essendo appunto sotto forma di bevanda, il cioccolato poteva essere assunto poichè non solido, cioè non cibo. Non c'è da stupirsi de nel XVII° e nel XVIII° secolo, il cioccolato veniva regolarmente prescritto o mescolato ai farmaci per ogni tipo di malattia o disturbo. Infatti sin dall'inizio del suo uso e diffusione fu considerato una medicina, non un alimento delizioso.
Bisogna attendere 1659, quando in Francia il primo vero cioccolatiere, David Chaillou preparava e vendeva biscotti e dolci al cioccolato a coloro che potevano permetterseli. Era ancora troppo presto per le praline come oggi le conosciamo.
Quando, nel XVII° secolo, l'empirismo di Pascal e degli altri scienziati gettò le basi della scienza moderna, il potenziale terapeutico del cioccolato perse importanza, lasciando spazio alle sue doti nutritive e al suo sapore delizioso. Allo stesso tempo, la ricetta della bevanda al cioccolato venne semplificata: cacao, zucchero, vaniglia e latte o acqua divennero gli ingredienti più importanti, mentre altri ingredienti quali muschio, ambra e farmaci vari smisero di essere utilizzati.

Gli storici non concordano ancora su chi sia stato il primo produttore in assoluto del cioccolato solido e lucido come oggi lo conosciamo, ma è la famiglia Fry (Belgio) a sostenere di avere commercializzato la prima barretta di cioccolato solido nel 1846: si tratta di una pietra miliare nella storia del cioccolato. Non dobbiamo dimenticare che, originariamente, il cioccolato veniva prevalentemente consumato come bevanda, in forma liquida. Tutt'al più veniva inserito tra gli ingredienti di alcune torte e biscotti, ma non veniva mai consumato in forma solida. I progressi e l'industrializzazione della produzione del cacao e del cioccolato resero poi possibile dare al cioccolato delle forme creative e innovative che ne avrebbero cambiato per sempre l'aspetto.
 
 
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